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BULLISMO E CYBERBULLISMO

Gli ultimi dati ISTAT (2014) pubblicati sul fenomeno del bullismo mettono in evidenza diversi aspetti molto importanti del fenomeno: poco più del 50% della popolazione tra gli 11 e i 17 anni ha subito dei comportamenti offensivi che sono più frequenti tra le ragazze e nell'età tra gli 11 e i 13 anni. Anche il cyberbullismo è più frequente tra le ragazze che tra i ragazzi. Con questi pochi dati, selezionati in un quadro più ampio fornito nel rapporto in questione, s'intende sottolineare quanto il fenomeno sia esteso, diffuso e radicato. 

Per bullismo intendiamo: una serie di azioni in cui c'è una sistematica prevaricazione da parte di un bambino/adolescente o di un gruppo nei confronti di un coetaneo percepito come più debole, la vittima. 
Secondo le definizioni date dagli studiosi del fenomeno: "uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto deliberatamente da uno o più compagni."

Il termine, quindi, descrive una situazione molto ampia poiché include:
- i comportamenti del bullo;
- quelli della vittima;
- e anche di chi assiste (gli osservatori). 


Perché si possa parlare di bullismo è necessario che siano soddisfatti alcuni requisiti:
1) i protagonisti sono sempre bambini o ragazzi, in genere in età scolare, che condividono lo stesso contesto, più comunemente la scuola;
2) gli atti di prepotenza, le molestie o le aggressioni sono intenzionali, quindi finalizzate a provocare un danno alla vittima;
3) c’è persistenza nel tempo: le azioni dei bulli durano nel tempo, per settimane, mesi o anni e sono ripetute;
4) c’è asimmetria nella relazione, cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce (per ragioni di età, di forza, di genere e per la popolarità che il bullo ha nel gruppo di suoi coetanei. );
5) la vittima non è in grado di difendersi, è isolata e ha paura di denunciare gli episodi di bullismo perché teme vendette



Possiamo fare una distinzione tra bullismo diretto (che comprende attacchi espliciti nei confronti della vittima, di tipo fisico o verbale) e bullismo indiretto (che danneggia la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, attraverso atti come l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamento, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul suo conto, il danneggiamento dei suoi rapporti di amicizia). 

Gli attacchi da parte dei bulli possono essere rivolti anche all'aspetto sessuale della vittima che non rispetterebbe canoni e modelli normativi. La vittima può essere omosessuale e per questo subire un attacco diretto o indiretto su questo aspetto del sé. L'omosessualità viene denigrata ed attaccata, tramite la mortificazione e la de-umanizzazione della vittima.

Secondo Lingiardi (2007) possiamo individuare 3 caratteristiche distintive del bullismo omofobico:

1. Le prepotenze chiamano in causa una dimensione specificatamente sessuale, perché l’attacco è rivolto più alla sessualità che alla persona in sé;
2. Una maggiore difficoltà a chiedere aiuto per la propria omosessualità, perché essa richiama intensi vissuti di ansia e vergogna;
3. Il bambino vittima trova con difficoltà figure protettive: infatti “difendere un finocchio” comporta il rischio di essere considerati omosessuali (Rivers, I., e Smith, P.K. (1994). Types of bullying behaviour and their correlates. Aggressive Behavior, 20 (5): 359-368; Lingiardi, V. (2007). Citizen gay. Famiglie, diritti negati e salute mentale. Milano: il Saggiatore).


Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/tag/bullismo/
Negli ultimi anni questi tipi di sopraffazione di sono diffusi anche su internet, con diffamazioni sui social network anche attraverso la pubblicazione di video in cui la vittima viene umiliata, insultata e molto spesso anche picchiata sotto gli occhi impassibili di altri adolescenti.

Siamo abituati alle notizie di cronaca in cui la reazione della vittima di fronte ad un'azione di tale violenza è il suicidio, situazione estrema che famiglia, scuola ed esperti dovrebbero cercare di controllare e sopratutto evitare. 
Ma come?

Sicuramente è compito dei genitori e della scuola prestare attenzione alle dinamiche che si creano a casa e in classe, tenendo presente che i segnali possono essere molteplici: ci potrebbe essere un calo del rendimento scolastico, un ritiro sociale, malessere fisico, un abbassamento dell'umore, tenendo però presente che ogni persona comunica il proprio disagio in modo assolutamente soggettivo. 
Genitori ed insegnanti dovrebbero essere aperti ad un dialogo con l'adolescente ma riuscire anche a comunicare tra loro in modo continuo e diretto, in modo tale da offrire al ragazzo il giusto supporto per il problema specifico riportato (ma anche per la fase di vita di per sé difficile).

Sicuramente nella gestione della situazione abbiamo tutti un ruolo importante e potrebbe essere utile non solo ristabilire un equilibrio, mediando e facilitando la risoluzione del conflitto, ma anche chiederci che ruolo ha l'aggressività all'interno della famiglia? A scuola? Dove il ragazzo può aver imparato ad agire in questo modo?

E sopratutto quali canali scegliere per favorire la visione dell'altro come diverso da me? Che percezione ho di me? Come entro in relazione con le mie parti che reputo "estranee"?

Dott.ssa Chiara Di Giorgio cell: 3465285290

Dott.ssa Chiara Matera cell. 3711975372

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